Giovinezza del nulla, lo definisce Kandinsky. Ed è curioso che Wanda Nazzari nel raccontare come è nata questa sua opera al bianco parli del senso profondo di nulla che la prese, lo scorso agosto, dopo aver visitato a Berlino il Museo ebraico di Libeskind. Un luogo architettonico spaesante, pieno di angoli acuti, che ti mette di fronte al vuoto della ragione facendoti sentire una nullità. Eppure, là dentro in un luogo dove si condensa la memoria dell'orrore estremo è possibile purificare la materia, catturare una luce attraverso una fessura improvvisa e farla diventare una nuova nascita.
Prende il via da quella visita a Berlino, da quella discesa e da quella risalita, il nuovo tratto di un percorso artistico e spirituale che l'artista cagliaritana sta compiendo da più di trent'anni. Da quando ha accolto il bianco tra i suoi colori guida (il viola, il rosso), dedicandogli uno spazio tutto suo, nel 2007, al Man di Nuoro. La vera novità, oggi, nella sua ricerca, è l'abbinamento tra il legno e il bianco: è quella stele che ti accoglie nella sala del Temporary Store di Cagliari, in via XXIX Novembre 7, spazio per l'arte della Fondazione Bartoli-Felter, sono le sculture a due dimensioni che spiccano sulle pareti (sino all'8 marzo tutti i giorni, esclusa la domenica dalle 18 alle 20). Illuminate dalle luci sapienti di Walter Mostallino, raccontano a chi sa capirle o intuirle attraverso le emozioni che solo l'arte sa dare il contrasto continuo tra guerra e pace, tormento ed estasi.
Per incidere il legno, e raccontare il nulla che diventa tutto, Wanda Nazzari usa strumenti tecnici particolari, diversi uno dall'altro, come diverse sono le barbe (i riccioli che nascono dalla scalfitura), e le ombre proiettate sul bianco, a seconda della profondità dei solchi. «Uno zig zag solitario corre talvolta in questi territori dell'anima, e gli affondi formano e disfano fasce che si attraggono e si ritirano, e sempre hanno intorno a sé uno spazio vuoto, un campo neutro ancora tutto da riempire», scrive Alessandra Menesini, che ha curato la mostra e ha fortemente voluto inserire nel percorso espositivo otto Nidi, quasi a creare un momento di sosta, tra quei paesaggi astratti dell'anima. Li abbiamo visti finora in tante altre forme e colori, costruiti con tele retinate e fili. Per la prima volta spuntano sul legno, aggettanti, a proiettare ombre più lunghe. A creare - commentava all'naugurazione la storica dell'arte Marisa Frongia - un passaggio graduale da una matericità più evidente fino a quella quasi lunare degli ultimi quadri dell'esposizione. Paesaggi astratti, scabri ed essenziali, che evocano una natura incontaminata, quasi linizio di un nuovo mondo. Spazi di sospensione e contemplazione, luoghi senza tempo, testimoni dell'inquieta ricerca di spiritualità dell´uomo moderno, diviso tra l'aspirazione alla pace e la lotta quotidiana. A rappresentarla, quello scavo doloroso e paziente che prosegue idealmente oltre il perimetro del quadro, e regala un senso profondo di vertigine a chi osserva.
Non hanno un titolo specifico, le sculture a due dimensioni di Wanda Nazzari. Grado zero è il nome che le indica tutte: è il risultato finale della meditazione (omaggio dellartista a padre Piras, il gesuita zen recentemente scomparso), è la discesa nel profondo che sola può portare con sé la risalita. E se l'ascesi è liberazione da tutti i legami terreni (nidi compresi) anche un legno può essere liberato dalla materia e diventare leggero.
Quanto al bianco in questo lavoro febbrile lungo sei mesi è la conclusione del fare artistico, non il primo atto: le miscele acriliche di diverse tonalità che sole riescono a dare quel non colore purissimo al Trittico, ai Nidi, ai paesaggi, appaiono sul legno soltanto dopo l'ncisione, quasi a rendere tutto più complesso e imprevedibile. È l'azzeramento di ogni pensiero precedente, lo spiraglio attraverso il quale finalmente può penetrare la luce.
Maria Paola Masala, L'Unione Sarda, 2014
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